E se fosse tua nonna?

Aveva 77 anni e in lei rivedo mia nonna.
Ruga per ruga.
E quelle mani lisce, la pelle come carta velina, le ossa fragili.
Il velo verde che ricopre quelle nuvole di capelli.

2

Youssra aveva bisogno di cure mediche.
A Gaza gli ospedali sono distrutti a causa dei bombardamenti israeliani, i medicinali non sempre arrivano, la corrente elettrica va e viene.
Questa nonnina ha ottenuto un permesso speciale per attraversare il valico di Rafah e arrivare in Egitto. Chissà quanto si è sentita fortunata, ad aver ottenuto di uscire dalla propria città bombardata per farsi curare. Una cosa ovvia, se non si vive in Palestina.
Chissà quanti figli ha lasciato “dall’altra parte”, quanti nipoti, chissà chi l’ha accompagnata in questo viaggio.

Il valico di Rafah è una frontiera internazionale che divide l’Egitto da Gaza, voluta dal governo israeliano e da quello egiziano. È una trappola a cielo aperto, come tutti i territori palestinesi occupati, d’altronde.
Non si esce, se non in casi gravi.
Si può solo entrare.
Si può solo tornare a Gaza, nei brandelli delle case rimaste.
Non si può scappare, e non ci sono bombe che tengano.

Da qualche tempo il valico viene aperto due volte alla settimana per consentire ai palestinesi bloccati di tornare a Gaza. E allora, come avviene giornalmente nei ceck-point, si creano lunghe file di persone che aspettano pazientemente che qualcuno apra il varco, per farle rientrare nella loro terra.
Possono passare ore, giorni, mesi.
Li vedi seduti ai bordi delle strade, con dei piccoli falò accesi d’inverno e a centellinare l’acqua nei giorni più caldi.
Li vedi che aspettano, stremati, di riabbracciare le famiglie.
Li vedi e gli passi davanti, con il tuo passaporto da europeo.

Youssra stava per rientrare a Gaza dopo aver ricevuto le cure mediche.
Chissà quale figlio o nipote l’avrebbe vista per primo, tra le nuvole di sabbia ai bordi del deserto. Aspettava da giorni l’apertura del varco. Chissà quanti altri anziani, lì con lei.

Una tempesta di sabbia, accompagnata da un caldo rovente oltre i 40°, bruciava i visi stanchi e addolorati.
Tra loro c’era quello di Youssra, che assomiglia incredibilmente al viso di mia nonna.
E forse di tutte le nonne.

Improvvisamente Youssra si è accasciata, con il sole che scioglieva ogni pensiero. Braccia giovani l’hanno distesa su un carretto, tra valigie e tessuti, e qualcuno ha rinfrescato le sue labbra con quel poco d’acqua a disposizione.

Youssra non uscirà da un vortice di polvere e sabbia, e il baluginio del sole non disegnerà la sua sagoma all’orizzonte.
I suoi nipoti non avranno nessuno da abbracciare.
Solo un corpo.
L’ennesimo corpo.

Youssra era mia nonna.
Youssra era vostra nonna.

1

1 Comments

Lascia un commento