Credevo fosse paura invece era ipocondria

Vi leggerò una cosa che ho scritto stasera in mezz’ora in preda all’ansia, perché io sono un’ansiosa ed è bene che voi lo sappiate fin da subito.

Avevo scritto un monologo bellino bellino, si intitolava “Li mortacci di Lalla”, ma l’ho perso. Non chiedetemi come: sta di fatto che l’avevo quasi concluso, mancava solo il finale e il mio computer se l’è ingoiato. Quindi l’immagine di Lalla che mi sacrificava come un agnellino sull’altare del Borderline mi ha fatto aumentare l’ansia e ho scritto quest’altra cosa qua, che fa un po’ più schifo anche di quello che ho perso. L’unica cosa invariata è il titolo, Li mortacci di Lalla, il resto, siccome ho una memoria brevissima, l’ho rimosso.

Li mortacci di Lalla perché Lalla, da quando mi conosce, sa che sono ipocondriaca e quindi cosa fa? Mi invita a un reading che parla DI MORTE. Per i meno esperti che fortunatamente per loro non dovessero sapere di preciso cosa sia l’ipocondria, lo spiego brevemente: è il terrore verso qualunque argomento che abbia a che fare con le malattie, la morte, e tutta quella roba brutta come l’ebola, il coronavirus, il razzismo, il fascismo e certi locali omofobi di Sassari.

Io sono un’ipocondriaca doc: lo so perché mi sono autodiagnosticata. Perché gli ipocondriaci non si fidano quasi mai dei medici, anche se hanno la speranza che i medici ne sappiano più di loro. Non lo so, non lo so davvero se un medico ne sappia più di un ipocondriaco: un ipocondriaco divora manuali di medicina e sa tutto su tutte le malattie, diagnosi e cure, un ipocondriaco è in grado di guardarti in faccia e diagnosticarti subito. E io qua ora lo farò con voi, così, gratuitamente, solo per farvi cagare sotto.
Io non mi fido perché il medico generico è troppo generico, il medico specializzato è troppo specializzato e i medici in generale sono troppo qualcosa, e ve lo dico perché chiaramente in 38 anni sono stata convinta di avere tutte le malattie presenti in un compendio di Medicina generale e i medici li ho provati tutti: neurologo, dermatologo, cardiologo, otorinolaringoiatra, psicologo, oculista e via con una lista infinita. Mi mancava solo la veterinaria e vi dico che quelle caxxo di pasticchette per il gatto, come vedete mi stanno facendo benissimo. Silifort, segnatevele. Poi se le associate all’Otimectin sono uno sballo.

Io non so voi, voi umani tendenzialmente sincari (in salute)…oddio, sincari sincari non lo so, comunque voi non ipocondriaci, insomma. Io non so quale sia il vostro concetto di relax quando siete particolarmente stressati, mi viene da pensare alla Spa, alle terme… Ecco, volete sapere cosa vorrebbe fare un ipocondriaco in un bel fine settimana lungo? La Spa? Le terme? Ma gosa. Un bel ricovero in Medicina Generale. Tre o quattro giorni serviti e riveriti, lenzuola pulite – si fa per dire -, brodino caldo, luci soffuse, silenzio…e soprattutto ceck-up completo a prezzi stracciati. Che quando esci da lì dopo 3 giorni, per i successivi 3 giorni sei convinto di essere sano come un pesce e poi tutto ricomincia non appena ti esce una impercettibile bollicina sull’indice. E lì, scatta il panico: perché potrebbe pure essere una puntura di zanzara, ma chi mi dice che non sia una puntura di zanzara killer che mi fa venire la febbre del Nilo? E allora lì sapete cosa succede a un ipocondriaco? Che inizia ad avere caldo, umbè di caldo, si sente la febbre sempre più alta, si fa toccare la fronte da tutti, e se gli dicono che la fronte è fresca e non ha nulla, s’incazza perché odia essere contraddetto quando fa le diagnosi. E mentre l’altro cerca su Google i sintomi della Febbre del Nilo per tranquillizzarlo (tranquillizzarlo? MAI! Non fatelo MAI! Non cercate di tranquillizzarlo perché non ci riuscirete mai, soprattutto se cercate su Google), l’ipocondriaco nel frattempo è già passato allo step successivo ed è lì, fermo con lo sguardo immobile che immagina, dall’alto, il suo funerale.

Che poi ogni tanto la morte, diciamolo, ti para un po’ il culo. Chi di voi non ha avuto un compagno o una compagna di classe che ciclicamente faceva morire la nonna? Partiva da quella materna, poi  quella paterna, finite le nonne passava al ramo maschile e faceva fuori il nonno materno e poi quello paterno, e in alcuni casi ci restavano secchi anche i bisnonni. Sterminato tutto l’albero genealogico ricominciava da capo e li faceva resuscitare e ri-morire. Che poi voi avete poco da ridere, che molti di quelli che facevano morire i nonni di malattie improvvise e letali come l’interrogazione di storia, ne vedo tanti qua dentro. Io invece a quei tempi mi ero già portata avanti con il lavoro perché i miei nonni erano già tutti morti. Non per mano mia, eh. Ogni tanto allora provavo a far morire il gatto, ma non ero abbastanza credibile perché mio padre lo diceva a gran voce davanti a tutti i miei compagni, che di animali in casa non ne voleva altri, che bastavo io. E io allora per recuperare, vent’anni dopo, cioè nemmeno un anno fa, cosa ho fatto? Ho preso un gatto, o meglio, una gatta. Bellina bellina, Frida, tutta bianca con il monochizzo qua come Frida Khalo. Che un po’ me lo dicevano, “Guarda che non porta bene chiamare un gatto come Frida Khalo, che poveretta, si è tutta iffraibinadda”. Così mi dicevano: “Si è tutta iffraibbinadda” perché era sul tram e un altro tram gli è andato addosso. Ma tanto io Frida, la mia Frida, sul tram non l’avrei mai mandata. E invece è morta lo stesso. E non c’è nulla da ridere, insensibili, che mi è morta davvero la gatta, non come le vostre nonne uscite da The walking dead. Che se uno dice “E’ morta nonna” tutti gli credete e siete pure costernati, anche se quello a cui è morta la nonna ha 80 anni. Se invece io dico “Mi è morto il gatto”, pensate che sia una balla. Che è vero che il gatto ha 7 vite, ma allora la nonna di quello che ha 80 anni quante cazz di vite dovrebbe avere? Perché, quello a cui muore la nonna deve essere più credibile di quella a cui muore il gatto? Chiedetegli il certificato di morte della nonna e vediamo. Io il certificato di morte di Frida ce l’ho, lo volete vedere? E mi hanno pure messo a scegliere tra la cremazione singola, quella collettiva, le ceneri nel ciondolo della collanina e le ceneri a casa dentro l’urna cineraria. Così avrei fatto come quella mia amica che quando ci invitava a cena e le chiedevamo “Rì, dove sono i piatti fondi?” ci rispondeva “Nel mobiletto del salotto, sotto nonna”. Boh, all’inizio non capivamo perché dicesse “Sotto nonna”, pensavamo a un tipo di mobile, di divano, boh, l’ottomana, il sottomano, com’è che si chiama? Vabbè, comunque da sottomano a sottononna non c’è molta differenza. Poi quando un giorno a cena abbiamo preso la fainè da Benito – quella salsiccia e cipolle e quella alle verdure – e qualcuno tra noi ha preso da sopra il sottononna quel barattolo figo, argentato, quello che sembrava un’urna, ha infilato la mano dentro, ha preso il pepe che c’era dentro e ha dato una spolverata sulla teglia, la padrona di casa ha gridato: “Cazz, ma sei punendi nonna nella fainè?”. Allora lì abbiamo capito perché i piatti fondi erano nel mobile sottononna. Quindi, dopo questa esperienza, la mia Frida è stata incenerita a Cagliari, che lì di fainè non ne mangiano.

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