Il feto e la feta

La vita delle bambine e dei bambini è già decisa – e differenziata – prima della loro nascita.

Io immagino il ventre materno di ogni puerpera suddiviso in compartimenti stagni: da una parte la stanza rosa – per le femminucce – e dall’altra la stanza celeste – per i maschietti -.
E se per sbaglio il feto femmina (che per praticità chiameremo feto e non feta, ché non è un formaggio greco), dovesse finire nella stanza celeste… sarebbe un casino.
Ma non sarebbe mai così complicato come se un feto maschio dovesse finire… nella stanza rosa delle femminucce: lì, sarebbe davvero un casino. Anche per questo motivo, i primi mesi di gravidanza sono vissuti da tutti con una certa apprensione nei confronti della “Cosa” o del “Coso”, di cui ancora non si conosce il sesso. Perché nei primi mesi non si riesce a vedere se ha la patatina o il pisellino. Poi, intorno alla ventesima settimana, la puerpera va al mercato ortofrutticolo e le dicono che cosa partorirà.

No, davvero: basta con questa cosa degli ortaggi in mezzo alle gambe, che
non è bello. Che poi ti ritrovi genitori di 14 anni, che anziché andare a informarsi in ginecologia, andavano nel reparto frutta e verdura della Conad.
Quindi: o prepariamo bene le commesse della Conad o chiamiamo le cose con il loro nome, che ci facciamo più bella figura.

Che i bambini di oggi sono svegli: l’altro giorno un mio alunno di nove anni ci ha detto: “Guardate che non esistono solo i maschi e le femmine, ma c’è
anche un terzo genere: il genere non-binario”. M., nove anni. La mia collega sta ancora guardando le rotaie della stazione per capire cosa cavolo sia il genere nonbinario.
Loro sono avanti, siamo noi che siamo rimasti ai tempi di “Siamo fatti così”.
No, dico: “Siamo fatti così”! Un cartone animato scolorito di dodicimila puntate in cui ci facevano credere che il nostro corpo, fosse Gardaland: con astronavi che volavano a destra e a manca tra il fegato e la cistifellea, guidate da globuli bianchi con la barba. E ancora oggi la gente – voi, mì -, dice: “Ma guarda che io DAVVERO ho imparato tutto da lì!”. E vantaddinni! (vantatene).
Comunque, a parte le commesse della Conad, fortunatamente in una nazione come la nostra, che ha un Servizio Sanitario Nazionale all’avanguardia, esistono delle metodologie scientifiche e, azzardo, più realistiche, di una banale ecografia.
Una di queste, tra le più longeve e quindi certificate come “attendibili”, è senz’altro… “Il Metodo-Nonna”.
Non lo conoscete? Mischini, quanto dev’essere brutto vivere nell’ignoranza. Ve lo spiego brevemente, il Metodo-Nonna: se la gestante ha la pancia appuntita… nonna dice che partorirà un maschio. Ora… immagino che siate tutti abbastanza svegli per capire a cosa sia dovuta la pancia a punta.

(Non voglio immaginare la mamma di Rocco Siffredi, povera donna. Che quando andavano a trovarla e chiedevano all’infermiera: “Mi scusi, in che stanza è la mamma di Rocco?”, e quella rispondeva “Hiiii, signora mia! Stanza numero 30, 31 e 32!”)

Comunque: l’infallibile Metodo-Nonna ci spiega anche come viene accolta,
tradizionalmente, la nascita di una femmina: più o meno come l’arrivo del
Coronavirus, l’invasione delle locuste e la Lega al Governo: ‘na tragedia, insomma.
Il Metodo-Nonna ci svela, infatti, – ricerche antropologiche alla mano, perché non sto inventando niente, ma proprio niente – che se la gestante è di buonumore, nascerà… un maschio. Se invece la gestante è isterica e piagnucolosa, nascerà… una femmina. Da qui, il monito “Non piangere, che non sei una femminuccia”, che ha costretto intere generazioni di maschietti alfa a ricacciare indietro lacrime e moccio per non perdere la virilità. E, in caso di dolori fisici, li ha visti costretti a correre ininterrottamente per otto chilometri per dare libero sfogo a un urlo di dolore, in aperta campagnetta, lontano dalla società machista, sull’esempio di un noto capostipite della mascolinità: il ragionier Ugo Fantozzi dopo la martellata sul dito.
Cioè: ma voi pensavate davvero che Pietro Mennea corresse per puro piacere personale? Vi farò crollare un mito, mi dispiace: in realtà si era sbattuto il mignolo del piede allo spigolo.
Comunque: questa continua dimostrazione di coraggio e resistenza al dolore, tipica di ogni maschio alfa che si rispetti, può essere però tragicamente vanificata – è noto a tutti – nel caso in cui dovesse presentarsi una preoccupante quanto mortale patologia che, stando agli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce soprattutto il genere
maschile: tale patologia è comunemente definita come “raffreddore”.

Ma andiamo avanti con il “metodo-nonna” che ci informa che se il colorito della puerpera è roseo, nascerà… un maschietto! Colpo di scena!!! Il solo e unico caso in cui il colore rosa può essere associato – legalmente – a un maschio, è per indicare un colorito sano. Se invece la futura mamma è pallida, smunta, smorta, scialba, esangue… scusate, mi piacciono troppo, i sinonimi, starei ore. Se la mamma ha lo stesso colorito di Piero Fassino, insomma, nascerà… una femmina. Pallida come la mamma, ovviamente. Da qui, probabilmente l’invenzione del fondotinta, del cerone e di tutte quelle cose di cui non conosco il nome che vi mettete in faccia voi che siete nate nella stanza rosa del ventre materno. Quando sono nata io c’erano i lavori in corso, e sono finita nella stanza celeste: un casino che non vi dico. Cioè, solo per darvi un’idea: la settimana scorsa avevo il raffreddore e due afte in bocca e ho fatto testamento. La stanza celeste qualche segno me l’ha lasciato. Poi a un certo punto, dopo aver preso solo una Tachipirina, 4 Oki task, un Momendol e 3 Brufen, mi sono ripresa un pochino e ho iniziato a fare le cose che le femmine fanno di solito in una banale domenica: cucinare, lavare i piatti, fare il bucato, fare finta che il ferro da stiro non sia ancora stato inventato, innaffiare i tulipani, preparare il lavoro per il giorno dopo e il giorno dopo ancora, cucinare per tutta la settimana, portare la gatta dalla veterinaria… e insomma, tutte quelle cose che le femmine fanno nello stesso lasso di tempo che occorre a un maschio per aggiustare il rubinetto che perde. Che perde da quattro anni.
Che noi qua a Sassari ci incazziamo sempre con il gestore dei servizi idrici perché manca l’acqua, ma nessuno si è mai fermato a capire chi l’ha consumata, tutta quell’acqua.
Comunque, dopo aver fatto tutte queste cose mi sono fermata e ho sgranato gli occhi: ho preso il telefono e ho richiamato immediatamente il notaio, quello del testamento, perché ho pensato: “Ma io a chi le lascio tutte le mie cose?!”. E allora gli ho detto: “Aspetti dotto’, blocchi tutto che con tutte le cose che avevo da fare tra casa e lavoro mi sono dimenticata di fare figli!”. Me ne sono completamente dimenticata. Ma per fortuna il mondo non è popolato, se non in minima parte, da donne egoiste che, prese da mille impegni mondani, si sono dimenticate il motivo principale per cui sono state partorite: partorire a loro volta. Quindi, il Metodo-Nonna, per fortuna potrà perpetrarsi nei secoli dei secoli.

(Quelli che hanno detto Amen ora vengono qua e si inchinano davanti a tutti).

Ma proseguiamo con le indicazioni nazionali – aggiornate al 1947 – del Metodo-Nonna: se la puerpera durante la gravidanza diventa più bella, con la pelle liscia liscia come il culetto di un neonato (maschio, sia chiaro), partorirà sicuramente… un maschio. Se la puerpera diventa fea chi li troni (quaesta è intraducibile), nascerà… una femmina. Se la puerpera era già fea chi li troni prima di rimanere incinta, boh, non so cosa dirvi.
Ancora: se il battito cardiaco del feto è rapido, nascerà… un maschio. Se è lento, una femmina. E su questo posso anche essere d’accordo, perché sappiamo tutti quanto in certi frangenti i maschi possano essere frettolosi. Ma anche vero che le donne possono essere lente come il mese di Maggio, soprattutto quando dicono “Entro un attimo in bagno a truccarmi“.
Un attimo.
Io mi sento di spezzare una lancia a favore degli uomini, perché essendo nata nella stanza celeste – causa lavori in corso -, solitamente sono quella che aspetta che quella della stanza rosa finisca di truccarsi. Una roba insopportabile, da scenderti litri di latte alle ginocchia anche se non sei tu, quella incinta.
C’è qualche donna egoista che si è dimenticata di fare figli ma vuole provare l’ebbrezza del tiralatte? Ecco, vi presento la mia amica Angela quando mi dice “Entro UN ATTIMO in bagno a truccarmi”.
L’ultima volta è uscita dal bagno e mi ha trovato che contrattavo il prezzo con quelli della Coldiretti.
Ma concludiamo le indicazioni nazionali del Metodo-Nonna con l’ultima massima: se il feto si muove solo al 90° giorno, sarà… una femmina. E qua permettetemi di dissentire: perché secondo tradizione, da che mondo e mondo, se c’è un citrullo che se ne sta secco e pesto fino al 90°, quello, è un uomo.

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